Tra poche ore saremo chiamati a votare per eleggere il Parlamento Europeo.
Oltre 400 milioni di europei di 27 paesi diversi per lingua, cultura, religione, organizzazione statale e storia si recheranno alle urne per svolgere quello che è un diritto ma anche un dovere, un’assunzione di responsabilità: cioè votare. Per permettere questo, è sempre bene ricordarlo, molti altri milioni di persone hanno dato la vita.
Sceglieremo donne e uomini che guideranno l’istituzione politica più complessa e rivoluzionaria oggi presente nel pianeta. L’Europa è un riferimento e una speranza per popoli di tutto il mondo per la qualità della vita – a cominciare dall’assistenza sociale e il sostegno ai più bisognosi, al sistema sanitario ed educativo- e della democrazia – dalla libertà di stampa e di manifestazione permessa al sistema giudiziario non sottomesso al potere politico. Non è una Istituzione perfetta, come ogni cosa umana, ma proprio per questo dobbiamo preservarla perché, parafrasando Churchill, è la peggiore ad eccezione di tutte le altre. Chi eleggeremo, avrà l’arduo compito di migliorarla, speriamo, o riuscirà a peggiorarla. Alcuni cercheranno di svuotandola nei contenuti, fino al limite estremo di decretarne la fine con conseguenze inimmaginabili per tutti noi.
Quindi, prima di tutto, la nostra radio, rivolge un appello al voto, a recarsi alle urne.
Andate e tracciate il segno sulla vostra preferenza ben consapevoli che non stiamo votando per eleggere il parlamento italiano con le sue regole e i suoi scopi, ma per quello europeo che ne ha di completamente diversi. Ricordate ciò che è stato detto: “potete anche non occuparvi di politica ma la politica si occuperà di voi”.
Noi di CommCode23 in questi giorni abbiamo aperto i nostri microfoni a tutti i partiti chiedendo loro di rilasciare una intervista – solo due hanno accettato il nostro invito. Trovate le interviste sul nostro sito. Questo va detto per correttezza e completezza di informazione.
In queste settimane, abbiamo cercato di spiegare al meglio delle nostre capacità per cosa siamo chiamati a votare. La nostra attenzione si è prevalentemente concentrata sui programmi dei partiti verso le politiche dell’Unione per contrastare il cambiamento climatico ormai accertato dalla comunità scientifica e politica di tutto il mondo – tranne pochi irriducibili negazionisti sempre più simili ai terrapiattisti oppure ispirati da biechi interessi economici o elettorali molto personali e molto meschini.
Ad alcuni non sono bastati i lavori di Dubai con 194 paesi coinvolti, o il disperato appello dell’ONU di queste ore dato che abbiamo superato, ancora, la fatidica soglia indicata di 1.5 gradi di aumento delle temperature. C’è sempre un qualcosa d’altro, come un tappo di plastica che infastidisce il naso, che qualcuno usa per opporsi a qualsiasi sforzo di cambiamento dovuto a protezione non del Pianeta ma della nostra specie. Non si tratta di negare la libertà di SUV ma del bisogno di respirare aria pulita. Non si tratta di negare la possibilità di avere una comoda bottiglietta di plastica da lasciare in terra ma di non disperdere tonnellate di tappi nei parchi o sulle spiagge Made in Italy e ingoiare microplastiche. Non si tratta di negare la libertà di avere la decima maglietta di cotone nell’armadio ma dell’inquinamento delle falde acquifere dell’acqua che beviamo. Non si tratta di “buonismo nell’accoglienza” ma di ridurre una delle principali cause della migrazione di milioni e milioni di persone da zone ormai rese inabitabili dal cambiamento climatico dovuto all’azione dell’uomo. E così via.
Nessuno vuol regredire e rinunciare al nostro stile di vita ma moltissimo si può fare a cominciare dal disegnare un nuovo sistema economico basato sull’economia circolare, sulla progettazione alternativa dei prodotti, su nuovi modelli distributivi e di consumo, sulle energie rinnovabili. L’uomo ha sempre avuto bisogno di energia per crescere e svilupparsi ma parte di questa che produciamo, soprattutto quella da carbone e petrolio, ci sta uccidendo. E quindi occorre cambiare e farlo molto in fretta contrastando gli interessi, espressi in euro, di chi perderebbe i propri vantaggi.
Trovare strade alternative non significa rinunciare e impoverirsi. Non significa tornare alle candele per illuminare o agli stregoni per la medicina. Significa investire, ricercare, studiare e offrire nuovi lavori, inventare nuove professioni. Se necessario e perché no, un nuovo modo di vivere. In molti lo stanno facendo.
In tutto il mondo, Italia compresa, molte Università sono al lavoro affiancando, stimolando e finanziando la ricerca di giovani brillanti e motivati, molte imprese investono e nascono continuamente start-up che ci provano, che si mettono in gioco e rischiano. E anche la finanza lavora in cerca soluzioni per favorire il credito all’innovazione e al cambiamento. Non perché sia diventata improvvisamente altruista e buona ma perché ha capito che conviene. Pensate solo al tema delle assicurazioni contro i rischi da catastrofi ambientali. La politica è in fortissimo ritardo.
Non sembra esserci capacità di visione sufficiente alla sfida esiziale che stiamo vivendo in questi giorni, in questi anni. Si va lenti troppo lenti. Soprattutto in Europa che presenta programmi ambiziosi ma procede con il freno a mano tirato mentre Stati Uniti e Cina corrono velocemente verso il cambiamento e il primato tecnologico con finanziamenti, programmi e realizzazioni estremamente ambiziosi.
Quindi il nostro appello è per andare a votare e farlo per chi ha al centro del proprio agire la tutela della nostra specie che può avvenire solo attraverso la tutela dell’ambiente che ci ospita, che ospita la vita così come la conosciamo.
Buon voto a tutti per una buona Europa, una Europa dei popoli e solidale. Una Europa libera e di pace. Una Europa dalla Sovranità condivisa per far fronte alle sfide epocali del nostro tempo.
d.guenza@commcode23.com