SI E’ CHIUSA A BELÉM, IN BRASILE, LA COP30.

Riproduci la puntata

Cala il sipario sulla COP30 in Amazonia lasciandoci in eredità la fatidica domanda: dobbiamo vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

Come spesso accade, dipende dalla prospettiva da cui vediamo i fatti e quindi cominciamo da questi.

Alcuni possiamo inserirli nella colonna positivi (“è mezzo pieno!”) altri in quella negativa (“è mezzo vuoto!”).

Per la colonna positivi cominciamo con il dire che tra gli oltre 190 Paesi partecipanti la consapevolezza che il Cambiamento Climatico è tra i principali problemi che l’umanità deve affrontare per la sua sopravvivenza c’è eccome – altro che truffa.

Nessuno ha tirato pomodori alle centinaia di scienziati – premi Nobel o meno – che da anni lavorano a ogni latitudine e longitudine analizzando dati, scrivendo articoli scientifici e fornendo raccomandazioni e possibili soluzioni.

Sempre nella colonna “positivi” possiamo scrivere la sopravvivenza del multilateralismo, peraltro indispensabile su questo tema.

Mettere attorno al tavolo oltre 190 Paesi a discutere, cercare soluzioni e definire azioni, con il bagaglio dei loro interessi e le differenze che li contraddistinguono, è un metodo che resiste seppur con fattori critici innegabili e qualche polemica.

Il metodo multilaterale ha sorprendentemente funzionato anche considerando la crisi che queste organizzazioni stanno attraversando per l’attuale contesto geopolitico.

Risultato, sono 29 le decisioni del Belém Package approvate all’unanimità con l’ambizione di inaugurare una nuova fase delle Conferenze che è stata definita come quella dell’implementazione reale e misurabile: potremmo dire dalle parole ai fatti.

FINANZIAMENTI ALLA TRANSIZIONE

Per contrastare e mitigare il Cambiamento Climatico sono necessarie risorse finanziarie da far tremare i polsi.

Con COP30 il ruolo della finanza diventa centrale e strutturato.

Viene assunto l’impegno per triplicare i finanziamenti per l’adattamento definiti dalla road map Baku to Belém con l’obiettivo di raggiungere 1.3 trilioni di dollari entro il 2035. Soldi dedicati ai Paesi in via di sviluppo, o comunque a quelli più colpiti dagli effetti del Cambiamento Climatico e con meno risorse o capacità per potersi “difendere” adattandosi.

Inoltre si spinge alla collaborazione tra capitali pubblici e privati con la definizione di nuovi strumenti come ad esempio il Blended Finance e Debt-for-climate Swaps o il lancio del Global Climate Finance Accountability Framework studiato per aumentare credibilità e trasparenza nell’erogazione di finanziamenti climatici.

Molto significativo il lancio di FINI (Fostering Investible National Implermentation) che rappresenta un cambio di paradigma. Trasformare i Piani Nazionali di Adattamento (NAPs) in portafogli investibili con l’obiettivo di mobilitare 1 trilione di dollari in progetti adattivi nei prossimi 3 anni coinvolgendo banche multilaterali (es. IDB e GCF), magari riformandole, assicurazioni e investitori privati.

Insomma si procede verso un modello finanziario più coerente e meno frammentato che dovrebbe favorire gli investimenti.

I PROGRESSI VANNO MISURATI E GLI SFORZI INDIRIZZATI ALLE POPOLAZIONI

Sono ben 59 gli indicatori (volontari e non prescrittivi) definiti per misurare i progressi dell’adattamento in moltissimi settori quali acqua, cibo, salute, ecosistemi, infrastrutture e mezzi di sussistenza integrati con finanza e tecnologia.

Approvato il Just Transition. Questo è un meccanismo per la transizione giusta che pone le persone e l’equità sociale quale focus della lotta al cambiamento climatico. Obiettivo dichiarato: rafforzare la collaborazione, l’assistenza tecnica la condivisione dei saperi per consentire transizioni eque e inclusive.

Adottato anche il Gender Action Plan a sostegno delle questioni di genere e della leadership delle donne indigene e rurali.

UN NUOVO PROPULSORE POLITICO?

Il cuore politico dei risultati della COP30, è la Mutirão Decision che è una chiamata globale all’azione. Non a caso si è scelto il termine Mutirão un termine brasiliano-portoghese che richiama alla “mobilitazione collettiva e lavoro di mutuo aiuto per un fine comune”.

Questa si compone prevalentemente di due strumenti. Il primo è il Global Implementation Accelerator che è una iniziativa lanciata sotto la Presidenza di COP30 e COP31 per supportare i Paesi nell’attuazione dei loro NCD e i piani nazionali di adattamento (NAP).

Il secondo è la piattaforma Belém mission to 1.5 che è orientata, nell’ambito della troika COP29-COP31, a spingere per una maggiore cooperazione e ambizione nel promuovere temi in ambito di mitigazione, adattamento e finanziamenti.

Questi due strumenti lavoreranno in modo integrato con uno dei pillar di COP30: l’Action Agenda.

Questa vuole mobilitare, su base volontaria, imprese, privati, investitori, città, insomma soggetti che non partecipano ai negoziati ma sono essenziali per mettere in pratica gli accordi e fornire soluzioni.

Peraltro un percorso segnato dalla presa d’atto di una necessaria convergenza tra entità politiche e società civile forse facilitato dalla Presidenza Brasiliana assegnata ad un diplomatico quale Corrêa do Lago mentre le due precedenti COP si erano svolte sotto la Presidenza di due petrolieri.

Inoltre COP30 vuole affermarsi come la prima che introduce l’implementazione misurabile segnando il passaggio dalle dichiarazioni ai fatti. Un esempio concreto lo sono l’aggiornamento degli NCD di oltre 122 Stati molti dei quali hanno incorporato nel loro processo consultazioni con comunità indigene e settore privato segnando quindi un cambiamento anche nella governance della politica climatica e alzando non di poco l’asticella della complessità.

LA NATURA E LA SALUTE AL CENTRO DELL’AZIONE

COP30 ha presentato anche una lista di soluzioni concrete applicabili nell’immediato ai bisogni delle comunità.

Il Belém Health Action Plan, sottoscritto da 30 Paesi, riconosce la salute come pilastro centrale dell’impatto climatico ed è sostenuto da un fondo di 300 milioni di dollari per i sistemi sanitari esistenti e la prevenzione delle malattie soprattutto nei paesi del sud globale.

Per i terreni agricoli degradati, con il sostegno di 10 Paesi, c’è il RAIZ Accelerator. Questo si basa sul successo di un piano brasiliano che ha mobilitato quasi 6 miliardi di dollari per ripristinare fino a 3 milioni di ettari di terreno.

LE DUE ROAD MAP DI BELÉM

Varate due road map.

La prima mette al centro del discorso la natura con il Tropical Forest Forever Facility. Il TFFF vuole garantire pagamenti, basati sui risultati, ai Paesi che proteggono le proprie Foreste tropicali ancora intatte. Questo progetto ha ottenuto il sostegno di 63 nazioni e ottenuto fondi per 6,7 miliardi di dollari.

La conferenza ha anche ampliato il supporto alle comunità locali dei popoli indigeni nella difesa degli ecosistemi e nella promozione di modelli di sviluppo realmente sostenibili. Infine sono presenti nuovi programmi anche per l’agricoltura ecologica.

Ma anche il blu del mare non è stato dimenticato. 17 Paesi hanno aderito alla Blue NDC Challange impegnandosi ad integrare soluzioni pro oceano nei propri contributi nazionali e piani congiunti sono stati avviati per la conservazione marina, le energie rinnovabili off-shore, il cibo acquatico, i trasporti marittimi e il turismo.

Attraverso One Ocean Partnership i partner hanno promesso finanziamenti per 20 miliardi di dollari entro il 2030 e di generare 20 milioni di posti di lavoro Blu.

Per concludere questa parte del mezzo bicchiere pieno, aggiungiamo che l’Europa nel suo complesso, ha svolto un ruolo positivo e propulsivo.

L’ALTRA PARTE DEL BICCHIERE

Ed ora il bicchiere mezzo vuoto (sigh!)

Contrariamente a quanto auspicato dal Presidente Lula e non solo da lui, la dichiarazione finale non contiene alcun riferimento ai combustibili fossili e alla definizione di una road map (tempi e modi) per uscire dall’uso di questi anche se resta un richiamo esplicito alla COP29 di Dubai – il famoso “transition away from fossil fuels”.

Molti paesi BRICS e i Paesi del Golfo a cominciare dal’Arabia Saudita, vogliono salvaguardare l’economia fossile mentre nuove coalizioni di Paesi spingono fortemente per una azione più ambiziosa con una tabella di marcia definita per il suo abbandono in tempi certi come richiesto dalla scienza per tentare disperatamente di non superare le soglie critiche di non ritorno come è ormai accaduto per quelle definite a Parigi.

A questo proposito occorre tenere lo sguardo sul prossimo e nuovo appuntamento stabilito da alcune nazioni, incluse molte europee a cominciare dall’Olanda, sull’appuntamento di Aprile 2026 a Santa Marta in Colombia che potrebbe essere un segnale per una qualche riorganizzazione geopolitica. Sarà il First International Conference on Fossil Fuel phaseout.

E questo appuntamento potrebbe segnare anche l’inizio di una riforma del sistema delle conferenze sul clima che ne ha un disperato bisogno a cominciare dal tema dell’unanimità nelle decisioni.

Inoltre manca anche la road map per il contrasto alla deforestazione.

Un altro tema fondamentale che ha catalizzato l’attenzione di molti media.

IN CONCLUSIONE

Molti esperti ed ecologisti vedono comunque dei passi in avanti sostenendo che senza l’azione di contrasto alla Crisi Climatica stimolata e regolata (anche) dalle COP oggi saremmo di fronte ad un innalzamento delle temperature con effetti sulla vita del Pianeta che è meglio non provare neanche a descrivere.

La COP30 brasiliana era molto attesa e molte erano le speranze riposte in essa e quindi questo ha probabilmente contribuito ad aumentare l’effetto delusione.

E mentre la Politica fatica, l’economia avanza inesorabilmente.

Gli investimenti in energie rinnovabili sono più che raddoppiati a livello globale rispetto a quelli fossili e continuano a crescere; la tecnologia utile al contrasto o alla mitigazione si sviluppa ogni giorno delineando nuove sfide e soprattutto, nuovi interessi e alleanze planetarie.

A Belèm la finanza, le politiche commerciali e la transizione verso nuove forme di economia sono diventati argomenti centrali nel dibattito segnando, molto probabilmente, un “punto di non ritorno” utile nel delineare le regole per il futuro prossimo.

Insomma nonostante le critiche e la lentezza dell’agire, le COP consentono dei passi in avanti nella transizione energetica e questa di Belém non ha fatto eccezione. E ora un anno di lavoro e poi appuntamento a COP31, in Turchia con la Co-presidenza Turca e Australiana.

Iscrivi alla nostra newsletter