Di Danilo Guenza
Andrea Severati, biologo marino italiano, è un Research Manager dell’Australian Institute of Marine Science (AIMS), l’istituto governativo che tutela uno dei tesori naturali più preziosi e fragili: la Grande Barriera Corallina australiana. Questa barriera, che si estende per circa 2600 chilometri al largo del Queensland, rappresenta non solo un patrimonio naturale unico, ma anche una fonte di reddito e occupazione di grande rilevanza per l’economia australiana, contribuendo per circa 120 miliardi di dollari australiani all’anno e impiegando mezzo milione di persone.
Severati spiega che il cambiamento climatico, generato in gran parte dalle emissioni di anidride carbonica (CO₂) e altri gas serra, sta causando un innalzamento delle temperature globali con effetti devastanti sugli ecosistemi marini. La CO₂, assorbita dall’oceano, porta non solo all’acidificazione delle acque, ma anche a un aumento della temperatura che è direttamente responsabile del fenomeno dello sbiancamento dei coralli. Questo processo, spiega Severati, è il risultato dell’interruzione del delicato equilibrio simbiotico tra i coralli e le alghe microscopiche chiamate zooxantelle. In condizioni di stress termico, queste alghe rilasciano sostanze tossiche per i coralli, costringendo questi ultimi a espellerle. Senza le zooxantelle, i coralli perdono il loro colore caratteristico e assumono una drammatica colorazione bianca, segno di sofferenza e, in molti casi, di morte imminente.
La Biodiversità: Un Pilastro della Resilienza
Uno degli aspetti più preoccupanti del degrado della barriera è la perdita di biodiversità, che ha un effetto diretto sulla capacità dell’ecosistema di resistere a ulteriori stress ambientali. Severati sottolinea che la biodiversità è il pilastro della resilienza: essa permette al sistema di adattarsi e rigenerarsi nonostante le difficoltà. Tuttavia, la perdita progressiva di specie ha già alterato in modo significativo il sistema corallino, rendendo sempre più difficile il recupero naturale.
Oltre al valore ecologico, la Grande Barriera Corallina possiede un’importanza economica di rilievo. L’industria del turismo e delle risorse naturali contribuisce al suo sostentamento, anche se, come fa notare Severati, alcuni finanziamenti arrivano dalle industrie di oil and gas, paradossalmente tra i principali responsabili delle emissioni di gas serra. Per fronteggiare la crisi, il governo australiano, in collaborazione con diverse organizzazioni scientifiche e università, ha istituito il programma Reef Restoration and Adaptation Program (RRAP). Questo progetto, che prevede un investimento di circa 250 milioni di dollari australiani in cinque anni, ha l’obiettivo di sviluppare tecniche innovative di ripopolamento e di restauro della barriera corallina.
Il Ripopolamento dei Coralli: Una Soluzione di Lunga Durata?
Il team di Severati ha ideato metodi per incrementare l’efficacia della riproduzione dei coralli in cattività, senza adattarli artificialmente a un ambiente di laboratorio, ma reintroducendoli nel loro habitat naturale subito dopo il processo riproduttivo. Questa tecnica permette di incrementare notevolmente la probabilità di sopravvivenza dei coralli, e, grazie a modelli predittivi, si spera di poter seminare milioni di giovani coralli sul reef ogni anno.
“La nostra percentuale di sopravvivenza per ogni modulo di atterraggio di giovani coralli è intorno al 60%, un dato estremamente positivo per un progetto di tale portata”, afferma Severati. Tuttavia, il biologo sottolinea che se non si interviene sulle emissioni globali di CO₂, il ripopolamento non sarà sufficiente a preservare la barriera. I modelli suggeriscono che se l’aumento delle emissioni continua, entro il 2050 i sistemi di reef globali saranno probabilmente irrecuperabili.
Una Battaglia Globale per la Sopravvivenza della Barriera
La Grande Barriera Corallina rappresenta un microcosmo degli effetti che il cambiamento climatico ha sugli ecosistemi marini globali. “Non si tratta di una battaglia che può vincere da sola l’Australia o l’Europa,” ribadisce Severati, “è un problema globale e sicuramente uno dei più grandi del XXI secolo”. La speranza, spiega, risiede nella combinazione di misure di conservazione attiva, come il programma RRAP, con l’adesione internazionale agli accordi sul clima, come l’Accordo di Parigi. Severati esorta a cambiare la mentalità economica della “crescita esponenziale”, che considera incompatibile con la salvaguardia ambientale e che, se non modificata, porterà inevitabilmente al collasso degli ecosistemi.
La ricerca e gli sforzi di conservazione come quelli portati avanti dal team di Severati sono cruciali per cercare di contrastare i danni già visibili e, per quanto possibile, prevenire la totale scomparsa della Grande Barriera Corallina. Tuttavia, senza un impegno coordinato e globale, anche le migliori tecniche di ripopolamento potrebbero rivelarsi insufficienti. “Salvare la Grande Barriera Corallina è, in realtà, parte di una sfida molto più ampia: salvare il nostro pianeta e il futuro dell’umanità stessa,” conclude Severati.